Termini per impugnare il recesso della mandante: pronuncia della Suprema Corte

Dopo le recenti pronunce delle Corti di Appello di Napoli (sentenza 14 gennaio 2020, n. 10) e Venezia (sentenza 18 dicembre 2020, Presidente Dott. Perina, Consigliere Relatore Dott.ssa Multari), anche la Corte di Cassazione ha finalmente affrontato la questione dell’applicabilità o meno del termine di decadenza di cui all’art. 32, co. 3 lett. b), della L. 4 novembre 2010, n. 183, ai rapporti di agenzia.

Come già evidenziato, infatti, la questione de qua aveva portato sia la dottrina sia la giurisprudenza ad offrire soluzioni interpretative fra loro contrapposte, situazione quest’ultima che di conseguenza aveva indotto, in via prudenziale, a ritenere applicabile il suddetto termine decadenziale anche al rapporto di agenzia al fine di non incorrere in una declaratoria di improcedibilità dell’azione per un’asserita intervenuta decadenza.

Pronuncia in favore della Corte d’Appello di Venezia

Con la pronuncia 31 marzo 2021, n. 8964, la sezione lavoro della Suprema Corte, evidenziando che il carattere di eccezionalità della citata disposizione normativa impone una interpretazione particolarmente rigorosa, dichiara fermamente come “avendo riguardo sia al dato letterale sia a quello logico-sistematico, il legislatore abbia voluto escludere il rapporto di agenzia dall’ambito operativo della decadenza della L. n. 183 del 2010, ex art. 32, comma 3, lett. b)”. Come si andrà meglio ad evidenziare nel prosieguo, le ragioni che hanno indotto la Corte di Cassazione a ritenere che ai rapporti di agenzia non si applichi il termine di decadenza di cui sopra sono le stesse rilevate anche dalla Corte d’Appello di Venezia e da alcuni Tribunali (T. di Torino, 30 dicembre 2015, n. 1912; T. di Venezia, 29 luglio 2015, n. 535; T. di Genova, 9 maggio 2016, n. 397; T. di La Spezia, 12 luglio 2019, n. 257). Infatti, anche il Supremo Collegio osserva come il Legislatore con l’art. 32, co. 3, della richiamata legge, abbia “fatto riferimento esclusivo ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e non anche a quelli di agenzia e di rappresentanza commerciale” precisando poi che “lì dove ha voluto ampliare l’ambito applicativo dell’istituto della decadenza, lo ha fatto esplicitamente prevendendo l’inciso ‘anche nelle modalità a progetto’, in modo da ricomprendere pure tale tipologia di contratti non espressamente menzionati nell’art. 409 c.p.c., n. 3”. Sempre sotto il profilo letterale, la Corte di Cassazione evidenzia come il termine “committente” utilizzato dalla norma esuli tecnicamente sia dal rapporto di agenzia sia dal rapporto di rappresentanza di commercio dove, invece, si parla di “preponente”.

Dal punto di vista logico-sistematico, invece, il Collegio precisa come il rapporto di agenzia, pur essendo compreso nell’alveo della parasubordinazione ed assoggettato al rito previsto per le controversie in materia di lavoro, è tuttavia disciplinato da specifiche disposizioni normative (codice civile, legge professionale, accordi economici), disposizioni che lo caratterizzano in modo peculiare rispetto ai rapporti di collaborazione, coordinata e continuativa.

Infine, la Corte si sofferma sulla circostanza che, nell’ambito del rapporto di agenzia, sussista già una peculiare ipotesi di  decadenza (art. 1751 c.c.). Decadenza che, seppur di tipo sostanziale rispetto a quella di natura processuale prevista dalla L. n. 183/2010, mal si concilierebbe con quest’ultima rischiando di incidere sulle esigenze del simultaneus processus e sulla necessità di un accertamento giudiziale unitario in ordine alla verifica sia dell’arbitrarietà del recesso sia della debenza delle indennità negoziali connesse alla cessazione del rapporto.

Sembra, dunque, che con la citata pronuncia la Suprema Corte abbia finalmente risolto una questione che da più di dieci anni aveva interessato gli operatori del diritto anche se non è da escludersi che alcune corti di merito continuino a ritenere applicabile la richiamata norma anche ai rapporti di agenzia.